Le dipendenze e i "nuovi sintomi"
Dipendenze
Il soggetto umano, l’essere parlante, come lo definisce Lacan nell’ultimo periodo del suo insegnamento, è un essere preso nella e dalla mancanza. Lacan lo definisce per questa ragione un soggetto diviso, un soggetto cioè che non coincide mai con la sua pienezza o con la sua compattezza, ma che è sempre in perdita di essere. Rileggendo la “mancanza di essere” di Sartre, Lacan chiama il soggetto parlante una mancanza-a-essere, enfatizzandone l’aspetto di divisione soggettiva.
Nel caso delle dipendenze (tossicomania, gambling, alcolismo) il concetto di mancanza assume un valore fondamentale per leggere queste forme psicopatologiche e per cogliere che cosa esse sottendono. Le dipendenze non sono semplicemente comportamenti compulsivi, ma tentativi del soggetto di dare corpo a questa mancanza, di stabilire un rapporto illusorio con il godimento. In questo senso, la sostanza o l’oggetto della dipendenza diventa un “significante di godimento”, che permette al soggetto di affrontare, anche se temporaneamente e in modo problematico, il vuoto interno e la tensione legata al desiderio dell'Altro.
Dalla tossicomania all’alcolismo, passando per il gioco d’azzardo, le strutture psichiche che prevedono il manifestarsi di tali condizioni sono diverse tra loro. Sul piano più prettamente clinico, occorre interrogare la funzione della dipendenza nell’economia soggettiva del paziente, per lasciar emergere quel “soggetto nascosto” dietro l’imperativo di godimento che si cela nelle dipendenze. Tale indagine permette di cogliere come l’oggetto della dipendenza non sia mai neutro, ma investito di significati inconsci e di un rapporto singolare con la mancanza e il desiderio. Solo attraverso la parola e l’ascolto analitico il soggetto può progressivamente decodificare il sintomo e trovare nuove modalità di relazione con il proprio godimento.
I "nuovi sintomi"
Come ci ricorda J. A. Miller, riprendendo quanto già segnalato a suo tempo da Jacques Lacan in riferimento alla circolazione di godimento nel discorso del capitalista, la spinta a godere rappresenta una cifra compulsiva del mondo contemporaneo, che non a caso vede nelle dipendenze la manifestazione più palese di quelli che vengono definiti “nuovi sintomi”.
Le manifestazioni sintomatologiche sembrano diverse rispetto al passato, e in parte lo sono, eppure affondano le loro radici in qualcosa di ben noto alla psicoanalisi: la spinta del soggetto a compiere gesti, azioni o pensieri con un impulso “più forte di sé”, spesso legato a un godimento incontrollabile.
È qui che la psicoanalisi può intervenire, ascoltando e decifrando il trauma e la tensione interna che spesso motivano il comportamento dipendente. In questo senso, anche le cosiddette dipendenze affettive si inscrivono nel quadro del rapporto del paziente con la propria e altrui mancanza, una mancanza da esplorare, comprendere e rivalutare, piuttosto che condannare, affinché il soggetto possa sviluppare un legame più sano con le persone, con le sostanze o con i rischi, senza che il proprio godimento diventi mortifero o autodistruttivo.